La Liquirizia

l'oro nero di Calabria


Puro succo nero o gialli bastoncini, tozzetti e pezzetti, spezzata e spezza¬tina, rombetti e favette, gommose e bottoncini, bianconeri e Sassolini… le varie forme dell’oro nero di Calabria che con l’oro verde – il bergamotto – l’oro giallo – l’olio -avrebbero dovuto rappresentare le vere risorse della Calabria… L’oro nero, la liquirizia o regolizia era conosciuta già nella medicina dell’antico Egitto, Assiria, Cina ed India. Emerge dal primo erbario cinese che in Asia la liquiri¬zia veniva utilizzata da circa 5.000 anni ed era una delle piante più importanti. I medici cinesi la prescrivevano per curare la tosse, i disturbi del fegato e le intossicazioni alimentari. Nei primi secoli avanti Cristo la medicina tibetana comprendeva la ricetta di “lungavita” a base di sale e cinque erbe tra cui la li-quirizia. Ma la virtù che più la fa¬ceva amare era quella dissetante; gli Sciti man¬giando esclusivamente formaggi di capra e liqui¬rizia, riuscivano a cammi¬nare per molte ore nel deserto senza patire la sete. Grande importanza ebbe anche nella medicina in¬diana. Al medico Susruta della casta dei brahmini, ritenuti discendenti diretti del dio Brahama, custodi di ogni sapere, nonché medici e guaritori governati da un canone ufficiale di com¬portamento, il Codice di Manu, è attribuita la paternità dell’opera Susruta Samitha, il più grande libro di medicina indiana del quale si abbiano notizie e nel quale sono descritte circa 760 piante medicinali tra cui la liquirizia. Nella parte dedicata alla chirurgia è riportata interessante tecnica di rino¬plastica messa a punto dallo stesso Susruta e frequnetemente utilizzata dal momento che, secondo il Codice Manu, l’adulterio veniva punito con il taglio del naso!! La tecnica prevedeva la rotazione di un lembo di tessuto prelevato dalla guancia ed il successivo innesto sul naso tagliato, quindi la fasciatura ad arte e il contestuale utilizzo di polveri di legno di sappan, liquirizia e berberis asia¬tica per favorire il processo di attecchimento e la cicatrizzazione. Le proprietà medicinali della liquirizia erano ben note anche dai medici greci e romani, che le riconoscevano azioni: emolliente, espettorante, antisettica, antiflogistica, bechica, antispastica. Il medico greco Discoride comprendeva questa pianta fra le 54 medicinali: “il succo di liquirizia giova nei casi di raucedine; esso è un buon medicamento nei bruciori di stomaco, nei dolori di petto e del fegato, bevuto col vino dolce giova nei crampi vescicali e nei dolori renali”. Ippocrate, Galeno, Teofrasto e Plinio la giudicavano insostituibile per com¬battere il mal di fegato, le gastriti, le coliche renali, le tossi convulse e, lavo¬rata in pomata, era considerato un ottimo cicatrizzante per le ferite.

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